
Dacia Maraini: "Donne scrittrici, il mercato c'è, i riconoscimenti ancora no"
Le definisce le sue "madri". Sono le grandi protagoniste della letteratura del Novecento sulle cui pagine Dacia Maraini si è formata, ha trovato ispirazione, linfa vitale. L'autrice de La lunga vita di Marianna Ucrìa e L'amore rubato ne parla questo pomeriggio al Vieusseux, ospite dell'ultimo incontro del ciclo "Scrittori d'Italia", in collaborazione con Syracuse University e Centro Palazzeschi (Sala Ferri di Palazzo Strozzi, ore 17.30).
Su quali scrittrici si concentrerà il suo intervento?
"Su quelle della generazione precedente alla mia: Anna Banti, Anna Maria Ortese, Elsa Morante, Fausta Cialente, Lalla Romano, Natalia Ginzburg. Sono coloro che io chiamo le mie madri: perché a chi scrive non servono solo dei padri".
Oggi il dibattito sull'esistenza di una letteratura "di genere" è molto animato. Lei cosa ne pensa?
"Che la scrittura, a livello di stile, è sempre qualcosa di estremamente personale. Non esiste uno stile femminile: esiste piuttosto uno stile Ortese, uno stile Morante, uno stile Romano. Invece, se parliamo di punto di vista, di prospettiva, il genere conta eccome: una donna può essere riconosciuta per l'atteggiamento che ha nei confronti di certi temi o fatti storici".
Secondo lei il ruolo di queste grandi scrittrici è stato sufficientemente riconosciuto?
"No, ed è un fatto avvilente. Non parlo di mercato: quello è aperto alle donne, che tra l'altro piacciono e vendono molto. Ma della critica e delle istituzioni letterarie, dove il poco spazio riconosciuto alle donne è scoraggiante. Forse la situazione è un po' migliorata grazie al femminismo. Ma molte grandi scrittrici sono state a lungo dimenticate, altre sono proprio scomparse".
Parla di femminismo, un termine che oggi viene utilizzato con grande diffidenza.
"Il femminismo è stato demonizzato, le giovani donne non vogliono nemmeno sentirlo nominare. Si dice che tanti traguardi ormai sono stati raggiunti, ma è proprio grazie alle lotte che è successo. Ma in fondo, come sempre, la storia viene scritta da chi vince".
Come giudica la scena letteraria femminile contemporanea in Italia?
"Estremamente vitale e interessante. Ci sono tantissime scrittrici più giovani di me che sono brave e coraggiose. Penso a Melania Mazzucco, Margaret Mazzantini, Silvia Avallone, Milena Agus, Mariapia Veladiano, Elena Ferrante anche se qualcuno sostiene che in realtà si tratta di un uomo".
Anche loro, come chi le ha precedute, vivono le stesse difficoltà nel trovare un riconoscimento?
"Purtroppo sì. Qualche giorno fa mi hanno mostrato una lista di poeti italiani letti nelle scuole in occasione della Giornata della poesia: ci saranno stati cinquanta nomi, e nemmeno una donna. Eppure ne abbiamo tantissime, basti pensare a Patrizia Cavalli, Vivian Lamarque, o, anche se non ci sono più, Amelia Rosselli e Alda Merini. C'è un problema educativo, continuiamo a trasmettere l'idea che i grandi poeti, i grandi narratori siano uomini. E così finisce che alla voce "Italian Literature" di Wikipedia non sia citata nemmeno una donna, nemmeno Grazia Deledda che ha vinto il Nobel. Per trovarla, bisogna cercare la sottocategoria "Italian Women Writers"".
